LA MEDICINA È UNA, viene svolta in varie forme distinte per aree di competenza, culture od aree geografiche d’origine, principi filosofici e metodi scientifici di base.
Tra le tante distinzioni, quella che oggi più appassiona ed è oggetto di discussioni è tra la medicina convenzionale, di estrazione accademica e quella non convenzionale, alternativa, o semplicemente naturale.
La differenza, che è facile rilevare tra le due forme mediche è che la prima, accademica, ha, tra le varie branche in cui si articola, un linguaggio ed un corpo scientifico unico, mentre la seconda, naturale, per essere nata, nelle sue varie articolazioni, in epoche, contesti e sulla base di filosofie diverse, manca di un linguaggio e di un corpo scientifico unico.
Ogni forma medica ha dei limiti, dei pregi e dei difetti: dove iniziano i limiti di una di esse possono altresì cominciare i vantaggi di un’altra; è importante dunque giungere ad una loro integrazione, tanto da usufruire del massimo vantaggio e ridurre al minimo i limiti.
Come per la divisione esistente tra medicina naturale e quella accademica, così in fitoterapia si tende a distinguere la tradizionale, empirica dalla farmacologica, scientifica.
La fitoterapia tradizionale è basata su conoscenze empiriche, talora molto antiche e convalidate nel tempo dalla pratica clinica; ritiene che l’azione di una pianta medicinale non è riconducibile ai singoli principi chimici in essa contenuti, o alla loro somma, ma all’insieme dei suoi componenti, attivi ed inerti, che costituiscono il FITOCOMPLESSO. Questo costituisce un’unità terapeutica nella quale i principi attivi si legano a quelli inerti della pianta, stabilendo una sinergia d’azione naturale che interagisce positivamente con l’organismo cui viene somministrato.
La fitoterapia farmacologica è basata su recenti conoscenze scientifiche acquisite in laboratorio e con studi eseguiti su animali e sull’uomo; ritiene che l’azione di una pianta medicinale è riconducibile ai suoi principi attivi, chimici, isolabili, purificabili e somministrabili estraendoli dalla pianta stessa, talora riproducendoli sinteticamente.
A nostro modo di vedere la frattura esistente tra i due tipi di fitoterapia è solo artificiosa e basata su idee preconcette. La sperimentazione scientifica molto spesso si basa su osservazioni empiriche e dimostra in laboratorio la validità di dati clinici acclarati dalla fitoterapia tradizionale. La ricerca farmacologica applicata alla fitoterapia è molto giovane, non ha a disposizione che pochi dati in rapporto alla moltitudine di piante usate, per cui, se dovessimo fare affidamento solo ed unicamente ad essa, i mezzi fitoterapici utilizzabili sarebbero oggi molto limitati.
Molte piante, durante il processo di purificazione che porta all’isolamento in laboratorio dei principi attivi, perdono buona parte delle sostanze adiuvanti costituenti il fitocomplesso, e nessuno ancora ha potuto dimostrare compiutamente la differenza d’azione tra il singolo principio ed il fitocomplesso in toto.
La medicina è una, per cui, nell’ambito di un processo d’integrazione, crediamo sia utile non dividere, ma unire le forze, in una sinergia d’azione sicuramente positiva; i due modi d’intendere non devono rimanere cristallizzati su sterili posizioni ma possono coniugarsi per creare un unico vantaggio.
Fra i più recenti modelli di fitoterapia vi è quella energetico-costituzionale nata in Francia con Requena, diffusasi in Italia con Di Stanislao, Paoluzzi, Iommelli, in Spagna con Bueno Cortes. Il modello nasce dall’integrazione tra l’impostazione costituzionalistica della m.t.c. ed i moderni concetti di PNEI. Tale modello trova ulteriore sviluppo e validazione nell’ambito della Medicina Biointegrata, tanto da ricevere importanti conferme ed autorevoli riconoscimenti sul piano clinico.
La fitoterapia di Officine Naturali, in linea con quanto espresso, parte dalla tradizione, cerca verifiche a livello farmacologico, trova applicazione sul piano energetico-costituzionale nell’ambito metodologico della Medicina Biointegrata.